martedì 21 giugno 2011

Un nuovo epilogo per il mio libro ‹Un filosofo legge la bibbia›

Per leggere l'intero testo basta cliccare sulla PAGINA: Un filosofo legge la bibbia (nella barra delle pagine qui a lato a sinistra) 

Sono riuscito a copiare tutto il libro ‹Un filosofo legge la bibbia› su una pagina del paginario.medibibbia dove lo si può ora leggere al completo.
Non si tratta solamente di una copiatura, ma ho aggiunto anche un paragrafo alla fine del testo per riassumerlo e completarlo, così come è riportato qui sotto.

Corollario del testo: 
"Un filosofo legge la bibbia". 

Appunti annotati nella ricorrenza della Trinità 
il 19 06 2011

La bibbia non è, strettamente parlando, una dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio che si possa accettare oppure rifiutare, allo stesso modo l'uomo non è una immagine – nel senso di manifestazione – di Dio più o meno opaca ma, sia l'una, sia l'altro, sono una storia e una realtà storica di ciò che sia Dio e di ciò che sia l'uomo.
In altre parole, la bibbia racconta la vera storia di un uomo nel suo sviluppo e nel suo esercizio e nello stesso tempo questo uomo si rivela un ‹altro Dio›, sia per l'assoluta unità ‹Dio-uomo› in quell'uomo che è Cristo, sia nelle estreme distinzioni particolari dei molti uomini che siamo tutti e ciascuno di noi.
L'uomo infatti è la manifestazione della spiegazione di Dio, mentre la natura è la manifestazione della sua onnipotenza e lo spirituale è la volontà del suo amore.
E tutto questo è riferito, spiegato e comunicato dalla bibbia in un modo adeguato affinché i nostri occhi lo possano vedere e la nostra ragione lo possa comprendere.

La storia di Gesù, ossia il Vangelo, non è una favola o una poesia o una icona, ma è un dato di fatto. Altrettanto si può dire di Giobbe che è una figura o una icona, ma nello stesso tempo è ancora, così come è scritto, la fotografia di una realtà e non la pittura di una fantasia, così come esiste di fatto in tutti gli uomini.

La bibbia è la storia di un re e di un regno, ma successivamente di un profeta e di una profezia e, infine è anche la storia di un incarico che coincide con la testimonianza di un  martire.
Il tutto visto, raccontato, comunicato, perché consiste nella conoscenza di Dio da parte dell'uomo e, nello stesso tempo, la rivelazione di Dio all'uomo. L'uomo infatti è un vivente (animale) razionale e arriva alla conoscenza di Dio percorrendo le tappe dello sviluppo razionale, ma anche esercitando le virtù del suo spirito e valorizzando il bene della sua natura e di tutti i beni naturali della terra.
In questo senso la bibbia è anche la spiegazione e la rivelazione di cosa sia un uomo. 

I vari personaggi e le figure-icone della bibbia raccontano e descrivono la storia dell'uomo. 
L'uomo nella prima età avverte una vocazione, nel suo sviluppo si manifesta un profeta e con la morte confessa una testimonianza. 
Un bambino sogna di diventare un re perché è chiamato ad esserlo, ma per arrivare a tanto deve successivamente convincere gli altri re, suoi compagni di onore e suoi pari di valore, tracciando poco per volta il disegno della sua vita, Tuttavia è solamente con la morte che la sua regalità e il suo disegno diventano testimonianza, perché solamente con l'annullamento di sé arriva a manifestarsi amore: simile a quello di Dio stesso, tuttavia non equivalente, né della stessa qualità, né della stessa misura. L'amore di Dio, in Dio e nell'uomo, si differenzia da qualsiasi altro amore nell'atto di donare se stesso del tutto fino al sacrificio del proprio sé. L'uomo diventa così offerta che si consuma sepolto dalla terra per diventare nutrimento della natura che l'aveva generato. La regalità dell'uomo è una chiamata-investiura, la sua vita è un disegno reale, la sua morte una resurrezione.
In pratica la vita di un uomo è un dono, un lavoro e una contemplazione.

Ogi uomo è ‹chiamato› – ovverosia ha la vocazione – a diventare uomo, cioè il re del creato, ma per assumerne l'investitura che è il riconoscimento del suo ‹incarico› e, nello stesso tempo poter esercitare questa ‹autorità› deve superare l'età di un bambino, arrivare al compimento della maggioranza, anzi, solamente nella sua piena maturità potrà godere di una autorità pienamente riconosciuta e sufficientemente manifestata.
Anche i nostri personaggi biblici non sfuggono a questa legge naturale.
Giuseppe acquista una autorità indiscussa sui fratelli non quando racconta i suoi sogni, ma quando si è fatto le ossa in terra straniera nella veste, prima, dello schiavo e, poi, del funzionario del faraone. Lo stesso Davide scelto da Dio e unto re da Samuele riceverà questo incarico non automaticamente dopo aver abbattuto il gigante Golia, ma alla fine di un'esperienza di vita come partigiano-ribelle nelle linee del nemico e, una volta salito sul trono, dovrà anche affrontare la rivolta di uno dei suoi stessi figli prima che la sua autorità possa essere assoluta.
Così le nostre figure tipiche della bibbia diventano icone e personaggi esemplari per ciascun uomo, che solamente al termine della sua vita conoscerà di essere stato un chiamato a costruire un disegno per compiere un incarico, anzi solamente dopo la sua morte, il suo ricordo e il giudizio eterno sanciranno definitivamente l'onore e il valore della sua autorità.

Se questo accade nella nostra storia personale, a maggior ragione e con più evidenza, non manca di sciorinarsi in tutte le pagine della bibbia cominciando dalla genesi per finire al'apocalisse. 
Nell'età bambina della storia biblica la vocazione dell'uomo è una chiamata a compiere una promessa di Dio. Il re del creato è un patriarca senza fissa dimora, all'infuori di una terra promesa e, il suo Signore si manifesta così nelle vesti di un Padre che prepara il futuro del figlio. Più avanti nell'età dell'incipiente giovinezza si accorge di essere un designato per contribuire alla affermazione personale e comunitaria delle linee di un disegno previsto e intelligente, come per esempio, succede con Giuseppe e con Mosé. Solamente in età matura l'uomo acquista quella autorità che lo riconosce un re famoso come Salomone. 
Sebbene siano importanti e necessarie tutte le tappe di questo sviluppo al punto da essere incarnate nelle diverse età della storia sia personale, sia collettiva di comunità, il vero ‹Uomo› totalmente realizzato è quella persona che libera da ogni impedimento e sciolta da ogni necessità è il messia dell'intera creazione. Gesù è vero uomo, perché è vero Dio. La sua vocazione il suo disegno e l'autorità sono insieme uniche e nello stesso tempo distinte in seno alla Trinità. Egli solamente è la rivelazione della ‹umanità› nel senso di vera immagine del vero Dio. 
Egli non è solamente la vocazione, il disegno e l'incarico che lo distinguono in seno alla Trinità, ma è anche la partecipazione all'uomo di questa realtà affinchè ciascuno, in unità con lui, la possa realizzare nel suo piccolo mondo, come i tralci che producono frutto, perché ricevono la linfa dell'intera vite.

Non si può considerare il re del creato come se fose un robot o un animale qualunque o, ancor peggio, come se fosse il re della savana. Si può rinunciare alla carica, ma non abdicare alla propria dignità. 
Bisogna infatti didtinguere tra connessione e partecipazione. La connessione è fisica o reale, mentre la partecipazione è anche voluta e volente, naturante e naturata, comunicata e cimunicante. Effettivamente dipende dalla natura, dalla esistere e dallo spirito dell'uomo. In questo senso è libera e responsabile, perfino quando è necessaria; proprio per questo la partecipazione produce unità e salva la distinzione.
L'uomo è sempre una persona distinta, perché è stata scelta, è dotato perché è stato pensato e amato, è degno di stima perché ricco di virtù. Non c'è paragone tra le varie realtà e l'uomo: le cose si assomigliano, ciascun uomo è sempre unico.
Vedi l'intero testo  sulla PAGINA: Un filosofo legge la bibbia (nella barra delle pagine qui a lato a sinistra)